Introduzione

Come molti di voi sanno, mi occupo principalmente di Correzione del Colore in Photoshop (CC da qui in poi): sono stato allievo di Dan Margulis e da circa un anno ho iniziato a esercitare attività didattica in questo campo.

Quando si inizia a spiegare qualcosa di sconosciuto ai più è sempre importante spiegare di cosa si sta parlando. A questo proposito, mi ricordo spesso dell’esordio della mia insegnante di filosofia quando in prima liceo classico iniziò il suo corso. Il problema, ci disse, era definire cosa fosse la filosofia. E ci fece un ottimo esempio chiedendoci: “che cos’è una via ferrata?” Non è difficile, di per sé, spiegare che si tratta di un percorso alpinistico ben tracciato e attrezzato per la salita. La vera difficoltà è un’altra: chiunque abbia percorso una volta una via ferrata sa istintivamente di cosa si tratti, mentre per chi non l’abbia fatto il concetto rimane comunque nebuloso a dispetto delle definizioni.

Penso che lo stesso si possa dire della CC: mano a mano che la si pratica, si affinano non solo le tecniche ma anche la percezione di cosa effettivamente sia la CC.

Partirò dunque con due cose: una definizione e un esempio che considero calzante.

Una definizione

Cerchiamo di rispondere alla domanda: a cosa serve la CC?

Con una pistola puntata alla tempia, risponderei questo: la CC è un insieme di tecniche che ci permette di produrre un’immagine migliore rispetto a un originale dato.

Come comprendete, ho giocato molto sporco, spostando il problema. Nella frase precedente ogni parola è ben definita, tranne una: migliore. Per affermare che qualcosa è meglio di qualcos’altro dobbiamo necessariamente dare un criterio che definisca il più univocamente possibile il concetto di “migliore”. Questo non è facile, perché subentrano il gusto, l’inclinazione personale, in generale le valutazioni soggettive.

Un esempio

Fabio Mannucci è uno degli allievi che ha frequentato il CCC – Color Correction Campus di Roma nel mese di ottobre 2011. Ha sostanzialmente iniziato da zero nel campo da pochi mesi: ma in dicembre è risultato vincitore di un contest da me lanciato sul nostro gruppo su facebook che vi invito a visitare. Il contest prevedeva la CC di una fotografia da me scattata intitolata Sundown. Vi presento qui l’originale:

Non scandalizzatevi: l’immagine è volutamente piatta e poco interessante. Si tratta dello sviluppo di un file RAW realizzato con la mia Canon 40D deliberatamente aperto in Adobe Camera Raw (ACR) con tutti i parametri a zero. Perché questa scelta? Il paragone forse è azzardato, ma il file RAW è come l’immagine latente su un negativo tradizionale: per renderla “reale” dobbiamo fare delle scelte di sviluppo. Ma quale versione dell’immagine possiamo considerare come quella meno elaborata di tutte? Esiste un discreto consenso sul fatto che possiamo considerare come immagine “grezza” quella ottenuta lasciando a zero tutti i parametri di sviluppo, compresi la Luminosità e il Contrasto. Il risultato è quello che vedete sopra e, naturalmente, non coincide con quello che la fotocamera avrebbe prodotto se le avessimo chiesto di produrre un file jpeg piuttosto che un RAW.

La domanda è questa: partendo da questo originale processato il meno possibile in ACR, dove possiamo arrivare con Photoshop? La risposta è meno scontata di quello che si potrebbe pensare, ed è questa: probabilmente molto più in là di quanto potremmo arrivare utilizzando ACR.

Il risultato di Fabio Mannucci, scelto tra quasi 40 immagini, è questo:

Ho buone ragioni per credere che la maggior parte di voi, se fosse costretta a decidere quale sia la versione “migliore” (concetto, vi ricordo, ancora indefinito al momento) tra questa versione e l’originale e nessun’altra, sceglierebbe questa. In quale misura? Azzardo: il 95% di voi, più o meno. Ovvero, una schiacciante maggioranza. I motivi sono presto spiegati:  i colori della versione di Fabio sono più credibili, così come il contrasto, il rapporto tra le ombre e luci, il senso di profondità. In altri termini, il giudizio che viene dato nel confronto delle due versioni non è artistico, ma basato sul fatto che la versione di Fabio viene giudicata assai più vicina a ciò che l’occhio avrebbe visto guardando la scena reale. E tutto questo, vi faccio notare, senza avere mai visto la scena reale.

Dov’è il limite?

Vi presento ora una versione assai più spinta, realizzata da Andrea Iacca – pure mio allievo.

Questa versione è di gran lunga più impressionante. Di certo, se vi facessi scegliere tra questa e l’originale, questa verrebbe considerata migliore dello stesso, anche se mi aspetterei una percentuale meno schiacciante di voti: diciamo l’80% circa. Perché questa discrepanza? Nella mia esperienza, alcune persone giudicherebbero questa versione esageratamente satura e carica. Ha un suo fascino probabilmente superiore rispetto alla versione di Fabio: ma è difficile pensare che sia vicina a una visione reale.

C’è una terribile domanda nascosta, però: se il committente fosse un produttore di cartoline, avrebbe scelto la versione di Fabio o di Andrea, secondo voi?

Prendendomi la responsabilità di ciò che facevo, nella valutazione del contest ho scartato la versione di Andrea: ma, attenzione – lo ho fatto nel contesto di una competizione a eliminazione diretta in campo CC. Se dovessi ricevere una cartolina con riprodotta l’immagine di Andrea, la mia reazione sarebbe quella di pensare “posto incredibile!” – mentre l’immagine di Fabio mi farebbe pensare “oh, bel posto…”

Comprendete quindi che esiste una differenza tra ciò che percepiamo e ciò che un’immagine ci suggerisce. In altri termini, tra percezione e suggestione. E tuttavia le due cose si intersecano in maniera inestricabile. Ma comprendete anche che, a questo punto, la definizione di “migliore” sembra scricchiolare.

È possibile darne una? Io credo di sì. E a questo dedicherò il mio prossimo articolo.

Conclusioni (aperte)

La mia idea è che questi articoli debbano essere, almeno per il momento, abbastanza brevi ma a loro modo provocatori. Vi lascio quindi con una serie di domande, e se vorrete commentare qui sotto siete i benvenuti: chissà che non ne nasca un dibattito interessante.

  1. Qualcuno di voi saprebbe produrre la versione di Andrea utilizzando solo ACR?
  2. Quanto tempo pensate che serva a un operatore mediamente esperto per passare dall’originale alla versione di Fabio in Photoshop?
  3. Quali sono le critiche (costruttive, please) che fareste istintivamente alle due versioni?

Per finire, ci tengo a dire che legare la CC alla fotografia pura è un’operazione che a mio parere diventa estremamente interessante nel momento in cui lo scopo è quello di costruire un linguaggio comune alle due discipline. E non uso il termine a caso, perché di discipline si tratta, in senso stretto: sarebbe totalmente errato considerare la CC alla stregua di una semplice tecnica. È, semmai, un insieme omogeneo e coerente di tecniche; ma dietro di esse c’è una visione – se mi consentite il gioco di parole.

E vi segnalo, se vi può interessare, un’interessante iniziativa di The BB’s Way, che a Parma organizzerà in marzo uno dei miei Color Correction Campus: per la prima volta il corso viene legato a un concorso fotografico a tema ideato da Luca Bellaro e dall’interessante titolo: Language Matters. Questo può significare “Il linguaggio è importante” oppure “Questioni di linguaggio” – e già questa ambiguità è assai interessante. In palio, tra le altre cose, c’è una partecipazione gratuita alla mia classe. Se vi interessa approfondire, o anche solo curiosare, e visto che credo siate in maggioranza fotografi su questo magnifico blog, lanciatevi: potrebbe essere l’occasione giusta…

All’organizzazione del concorso partecipano attivamente, anche come sponsors, alcune persone che non posso non menzionare, in quanto stimatissimi colleghi e compagni di viaggio in molte avventure: Daniele Di Stanio, Marco Diodato, Tiziano Fruet. Non credo che servano particolari presentazioni, visto il loro livello professionale e la loro visibilità. Il secondo, che pure scrive su questo Blog, sarà certamente al mio fianco nel corso citato, e non escludo altre sorprese nell’ottica di ciò che il CCC vuole fare: Color Correction Campus – Creating Color Culture.

Grazie dell’attenzione e a presto!

MO