Imparare a lavorare con la luce presente nella scena, cercando di ottenere, sempre e comunque, l’effetto voluto.
Tutto questo e’ il regalo più grande che la tecnologia della post produzione ci ha permesso, rendendo possibile quello che soltanto i nostri occhi, unitamente alla nostra immaginazione produce al cospetto di particolari condizioni paesaggistiche.
Una rivelazione per il fotografo, che nonostante le condizioni avverse, spesso compagne di viaggio imprescindibili, a patto di possedere le tecniche di base per realizzare immagini di questo tipo unitamente a l’arte della previsualizzazione ( mi sembra di tornare al tempo del sistema zonale…) ha la possibilità di realizzare uno scatto diversamente impossibile.
Quante volte vi sarà capitato di effettuare un viaggio e avere pochi istanti da dedicare ad un luogo o un paesaggio, in cui non potrete fare ritorno ?
E’ nella natura delle cose, soprattutto di quei viaggi nelle mete lontane, dove lunghi spostamenti caratterizzano la necessita di convergere tutte le vostre capacita’ in quell’unico istante. Ed e’ qui che nasce la differenza.
Come nello Zen, che recita il motto del ” qui’ ed…ora “, non c’è, e non vi sarà un altro istante uguale, tutto sta cambiando sotto i vostri occhi…
Scendete per un istante dal mezzo, attratti da una qualche conformazione caratteristica e a volte tutto vi appare nella sua maestosità.
Ma spesso le condizioni meteo possono apparire di natura avversa, per la fotografia, specie quando vi siano forti differenze luminose tra terra e cielo. Quello che i vostri occhi sono in grado di inviare al cervello non e’ propriamente quello che accade nel tentativo di riprodurre lo scatto. Se non ci avete ancora provato…fatelo…
E’ legato alla scienza che regola quello che realmente vediamo e quello che invece e’ la “percezione” , risultato di una complessa trasformazione che il nostro cervello elabora come “realtà”. Nonostante la tecnologia abbia fatto passi da gigante e altrettanti ne farà nel prossimo avvenire, la distanza che intercorre tra la capacita’ visiva e la sua traduzione attraverso il mezzo fotografico non ha pari.
Permettere quindi, attraverso trucchi, esperienza, ausili di ogni mezzo, analogici o digitali, di avvicinarsi a quella percezione che tanto ci colpisce , rientra nella traduzione interpretativa dell’autore. Senza decadere in immagini inverosimilmente insostenibili, a causa di una percezione irreale di colori e luce, ognuno possiede la propria percezione e, come su di una tela, esprime l’attimo dipingendo con la luce.
Passiamo ad un esempio pratico, simulando il tentativo di ritrarre quello che sta accadendo davanti a noi.
Siamo su di una spiaggia, al cospetto di un tramonto, alcuni minuti prima che il sole faccia capolino dietro le montagne in lontananza. La scena e’ pervasa da quella luce caratteristica, non ancora cromaticamente invadente, che permette ancora di scorgere chiaramente la natura e i colori degli elementi circostanti.
Bisogna essere sul posto il tempo necessario per decidere l’inquadratura, cercando quegli elementi rafforzativi, tipici delle riprese paesaggistiche grandangolari, cercando un soggetto da riquadrare e stabilendo profondità e linee di fuga. Tutto questo prima che la luce cada oltre il limite. Una lezione che imparerete con l’esperienza.
Un solido cavalletto, uno scatto flessibile e un set di filtri ND (particolarmente indicati per le scene con elementi in movimento), saranno i nostri coadiuvanti per questa impresa.
Inizieremo una serie di scatti a forcella, dopo aver stabilito i parametri di ripresa. Nel caso di un paesaggio costiero (qualora volessimo imporre alle nostre immagini quel carattere evanescente, di tipo onirico), la nostra scelta ricadra’ preferibilmente su un impostazione ISO bassa e un accoppiamento tempo/diaframma dettati dalla scelta legata alla profondità di campo necessaria. Per aumentare il tempo di esposizione, permettendo così all’elemento acqua di trasformarsi in quel fumo evanescente, tipico delle immagini di forte effetto ed impatto emotivo, apporteremo uno o più filtri ND sulla lente frontale, abbassando di alcuni stop la scena. La compensazione espositiva, dettata dal fattore di assorbimento della luce presente propria dei filtri ND, permetterà di allungare i tempi di posa ( da qui la necessita di utilizzare cavalletto e scatto flessibile), e tutti gli elementi in movimento come acqua e nuvole, disegneranno sul fotogramma, regalando il senso del movimento.
Faremo, come detto in precedenza, una serie di scatti a varie esposizioni (esposizione a forcella), sottoesponendo volutamente di alcuni stop, permettendo di ritrarre il cielo in modo che le nuvole in controluce siano cariche di forme e colore. Esporremo per le zone medie, per le ombre e faremo alcune pose dove cercheremo di trasformare il moto ondoso in qualcosa di impercettibile e continuo, sovraesponendo tutto il resto.
Tutto questo facendo la massima attenzione a non spostare la fotocamera, perché in un secondo tempo dovremo fare una serie di sovrapposizioni degli scatti ottenuti. Attenzione alle lunghe esposizioni (nell’ordine di secondi o minuti) in presenza di vento, se indispensabili , cercando di fornire maggiore protezione possibile al corpo macchina, per mezzo di un pannello o utilizzando il vostro corpo nel tentativo di schermare il lato esposto della fotocamera.
Una volta realizzati gli scatti (tutti in formato RAW), saremo pronti ad effettuare il lavoro di assemblaggio in Photoshop utilizzando livelli e maschere.
Questi interventi permetteranno di portare fuori gli elementi tratti da ogni livello separato, preventivamente esposti come voluto. Ecco perché faccio riferimento alla previsualizzazione, proprio in funzione della percezione diretta sul posto, della vostra sensibilità e del grado di esperienza, che vi guiderà sulle scelte espositive.
Il risultato sarà molto simile a quello che porterete via nel vostro ricordo e nelle capacita di ritradurlo, proprio come un pittore.
Alcuni esempi vengono riportati nelle immagini a corredo di questo articolo, realizzate in contesti suggestivi.
Questa tecnica riproduce quello che comunemente accade nei procedimenti HDR, ma a mio parere con un controllo maggiore rispetto ad alcuni parametri. Nulla vieta di utilizzare entrambi le tecniche dando vita ad immagini ancora più complesse.
Lo stesso principio vale sia per immagini a colori che in bianco e nero.
CIao!
Mi piace questo tuo punto di vista! Io lavoro per lo più in interni, occupandomi di real estate, e l'effetto dei sw HDR in quelle condizioni non mi soddisfa. Talvolta fanno degli aloni strani e luminosi attorno alle cose…allora faccio come dici tu, una specie di "collage" di più foto esposte in maniera diversa per creare un effetto finale più "leggibile".
Buon lavoro!