Il Nano Crystal Coat è una tecnologia introdotta dai fisici giapponesi di Nikon Issei Tanaka e Tsuyoshi Murata per ridurre la riflessione della luce che attraversa la superficie di una lente.

E’ da molti  anni che le lenti degli obiettivi vengono trattate con la deposizione di strati estremamente sottili di materiali; sfruttando il loro diverso indice di rifrazione è possibile a ridurre di molto la riflessione della luce, e di conseguenza anche il flare e le immagini fantasma.

Ma accade ancora spesso, soprattutto con i grandangoli, dove i raggi luminosi incidono sulla lente con angoli estremamente ampi, che si verifichino fastidiose riflessioni.

Il Nano Crystal Coat riesce a risolvere in modo egregio il problema in quanto, oltre a consentire una percentuale di trasmissione superiore, ha un comportamento estremamente omogeneo su tutta la gamma di frequenze della luce di interesse fotografico.

Questa tecnologia è stata utilizzato inizialmente per il rivestimento superficiale delle lenti degli stepper, ovvero dei proiettori utilizzati per la produzione dei dispositivi a semiconduttori. Consiste in un materiale spugnoso, in cui le particelle di circa 10-20 nanometri (milionesimi di millimetro) sono spaziati regolarmente; ne risulta un materiale poco denso, dove l’aria riempie gli interstizi; il suo indice di rifrazione risulta quindi intermedio tra quello dell’aria e quello del vetro, e questo aumenta la trasmissione della luce. E’ comunque un materiale di difficile fabbricazione in quanto le particelle non possono essere troppo distanziate, altrimenti s’incorre nella dispersione della luce, con la produzione di frange colorate.

Trasportare questa tecnologia sulle ottiche fotografiche non è stato semplice, in quanto è stato necessario rendere questo materiale anche resistente, requisito indispensabile per un’applicazione commerciale. I tecnici di Nikon però ce l’hanno fatta.

DIDA

Struttura del rivestimento Nano Crystal Coat

La differenza nell’indice di rifrazione tra un rivestimento convenzionale a il Nano Crystal Coat

Come funziona l’autofocus ibrido di Nikon

Sulla Serie 1 Nikon ha implementato un nuovo sistema di messa a fuoco automatica definito ibrido, perché utilizza sia il sistema a rilevamento di fase che quello a rilevamento di contrasto

L’autofocus a rilevamento di fase è quello normalmente usato dalle fotocamere reflex. Ora Nikon è riuscita ad implementarlo all’interno del sensore immagine CMOS della fotocamera, cosicché è possibile disporre di questo sistema AF anche in assenza dello specchio reflex. Vediamo come funziona.

Normalmente ogni microlente del sensore immagine concentra tutta la luce su un singolo elemento sensibile. Se però questo elemento sensibile viene diviso in due parti la luce proveniente dalla parte sinistra dell’obiettivo e quella proveniente dalla parte destra raggiungono due elementi sensibili distinti. E’ quindi possibile comparare le immagini formate dalla parte destra e da quella sinistra dell’obiettivo. In pratica è il sistema di funzionamento del telemetro.

Quando le due immagini coincidono il soggetto è a fuoco, quando invece appaiono spostate una rispetto all’altra il soggetto è fuori fuoco. A seconda della direzione e dell’ampiezza dello spostamento (in base alla focale dell’obiettivo), è possibile definire la distanza del soggetto e quindi correggere opportunamente la messa a fuoco dell’obiettivo.

Nikon ha poi aggiunto un sistema che migliora ulteriormente la messa a fuoco.

Quando l’obiettivo è notevolmente fuori fuoco è difficile identificare lo spostamento delle due immagini prodotte dal sistema AF, soprattutto se esse vengono prodotte da un obiettivo di grande apertura; in tal caso il sistema AF interviene chiudendo progressivamente il diaframma in modo da generare due immagini più nitide, grazie alla maggiore profondità di campo; le immagini risultano quindi più facilmente analizzabili.

Purtroppo la necessità di utilizzare un diaframma piuttosto chiuso e soprattutto le piccole dimensioni dei due “mezzi pixel” fanno sì che il sistema funzioni efficacemente solo in situazioni di media e alta luminosità.

Per le basse luci diventa necessario ricorrere al più tradizionale sistema a rilevamento del contrasto.

Con il sistema AF a rilevamento del contrasto occorre invece che la fotocamera esegua numerose misurazioni variando la messa a fuoco dell’obiettivo; il sistema analizza poi le immagini e sceglie tra di esse quella dotata di maggiore contrasto, ovvero quella più a fuoco; a questo punto imposta la messa a fuoco nella posizione appropriata.

E’ dunque un metodo preciso, perché non richiede alcuna taratura dell’obiettivo o della fotocamera, ma piuttosto lento perchè deve cercare per tentativi la direzione dello spostamento; il sistema è tanto più veloce quanto più elevato è il numero di letture al secondo.

Questo sistema può arrivare ad una buona sensibilità, ovvero può lavorare con soggetti poco illuminati, purché l’obiettivo montato sulla fotocamera sia di buona luminosità, ovvero abbia una grande apertura di diaframma.

DIDA

L’autofocus ibrido delle Nikon 1 integra nel sensore immagine tanto le funzioni di autofocus a contrasto (135 punti AF) quanto quelle di autofocus a rilevamento di fase (73 punti AF, in comune con gli altri).