Ultimamente mi sono ritrovato in un workshop di fotografia di matrimonio.
Nonostante già altre volte avessi notato come l’uso di apparecchiature diverse ( dai flash ai trigger, dal corpo macchina agli obiettivi, polarizzatori e via dicendo) desse risultati molto diversi, mai come questa volta la “luce” è apparsa davanti ai miei occhi.
Preciso che il primo insegnamento è che la fotografia di matrimonio è anche, se fatta a livelli veramente professionali, più competitiva di quella fashion e glamour.
Quello che mi sbalordisce quando vengo a contatto con chi ha mestiere e soldi sufficienti per comprare l’avanguardia delle tecnologie Nikon e Canon, è la resa grafica differente quando i corpi macchina passano dal semiprofessionale al professioniale.
Mi stupisco perchè premendo entrambi i nostri pulsanti di scatto, la differenza di primo impatto visivo e di informazioni contenute all’interno della foto è incredibilmente superiore alle mie aspettative. Si dirà che questa è la scoperta dell’acqua calda. In un certo senso lo è. In un altro fa riflettere questo: che con il progredire della tecnologia, e con la conoscenza del fotoritocco (qualsiasi programma si usi-purchè di buon livello) , la sensazione finale è che si arriverà ad una sorta di catena di montaggio fotografica.
Sempre meno la creatività, la sensibilità e il pensiero umano applicato al momento dello scatto, sempre più quello usato da ingegneri progettisti.
E allora, per quanto il tema sia dibattuto, come successo in altri campi dove la tecnologia ha fatto passi da gigante cancellando l’artigianalità, a me sembra che tra qualche anno la figura del fotografo professionista potrebbe anche sparire.
Pensiero alienante, ma credo fondato.
Simone Lettieri
www.simonelettieri.com