Non è la morte di Neda quanto la sua metaforica rinascita a celebrare, oltre tutto, oltre il medium, oltre la tecnica, il senso. Neda Salehi Agha-Soltan è morta uccisa dalle autorità del governo iraniano il 20 giugno 2009, protestava per le strade di Teheran a seguito delle elezioni presidenziali dello stesso anno. E’ rinata il 22 giugno 2009, quando gli amici hanno deciso di diffondere sul web le immagine della sua morte riprese con mezzi di fortuna utilizzati all’occorrenza. Telefonini, fotocamere, videocamere…
Ma il fine giustifica sempre i mezzi? La storia di Neda dice che certamente si, che a volte è certamente vero che nel senso meno machiavelliano del termine il fine giustifica, in modo condivisibile, certamente i mezzi. Si potrebbe anche aggiungere che alcune delle cruente immagini che raccontano la storia degli ultimi anni, nell’importante premio internazionale, istituzionale per il fotogiornalismo, il Word Press Photo, parlino più di mezzi che di racconti.
E allora si potrebbe anche dire che, perciò, l’etica fotogiornalistica è divenuta relativa, che la morte fa scalpore, che la morte al di là dei confini occidentali fa ancora più scalpore, che non importa quanto quella morte abbia bisogno di etica, che la bella foto, che la foto fatta nel momento giusto al posto giusto, faccia la storia. Chissà poi se Capa, Bresson o ancora Seymour, Rodger, Eisner e Vandivert, fondatori nel 1947 della prima agenzia fotogiornalistica, la Magnum, darebbero il loro assenso.
Se il mondo dei nostri giorni ha deciso un rinnovamento a tutti i costi. Se le immagini un tempo efficaci hanno smesso di avere pregnanza e necessitino di un’urbanizzazione sempre più spinta. Di un’ occidentalizzazione sempre più serrata, spostata oltre i confini della civiltà, quella stessa civiltà che sposta i propri confini sempre più in là. Ma quando la fotografia ha mediato la sua dignità? La nascita del digitale? O è forse la massificazione elargita che determina la perdita d’identità e a volte (che passi per buona) anche la dignità?
Oppure ha sempre creduto, nella storia, per la sua storia, di non possederne di dignità? C’è un valore aggiunto nel mestiere del fotogiornalista rispetto a chiunque possieda una macchinetta che permetta di registrare immagini e diffonderle, è la capacità d’analisi umanistica, è il suo sguardo informato e filantropico. Neda è forse il modo migliore per dire che non si può diffondere informazione in funzione del proprio fine ultimo e cioè la conoscenza. Quando il giornalista è un mediatore della notizia e del sapere la spettacolarizzazione della morte non è concepibile, quando l’estetica della violenza supera l’etica e la com-partecipazione tragica si è fallito il compito. E infine: abbiamo realmente bisogno di veder rappresentata la morte di un corpo sotto il cemento delle case di Haiti per poter com-partecipare da fruitori ultimi?
di Sandra Quagliata e Santo Mangiameli
foto di Henri Cartier-Bresson, Siviglia, Spagna 1933
un bellissimo articolo che fa riflettere, in modo particolare le nuove generazioni di fotografi che vogliono appassionarsi nel fotogiornalismo e di chi già svolge questo lavoro.
C'è da dire che è stata fatta un'analisi verso gli aspetti etici, non scordiamoci però che spesso i fotogiornalisti rischiano la vita ogni giorno e tanti sono morti a sua volta nella spettacolarizzazione della propria morte.
All'etica io aggiungerei quindi anche il rispetto verso questo mestiere, nulla toglie a quando scritto qui che condivido pienamente.
Bell'articolo, ma io sono un semplice e non ho capito dove vuol andare a parare.
Ciao domiad, ci fa molto piacere ciò che hai scritto sul nostro articolo ed anche per aver precisato, ci offre la possibilità di farlo a nostra volta nel caso in cui non fosse chiaro questo aspetto. Il nostro articolo nasce proprio dal profondo rispetto verso questo mestiere e verso chi lo svolge onestamente.
Ciao Claudio, felici che ti piaccia l'articolo. Per rispondere alla tua considerazione: non voleva necessariamente parare da qualche parte, spesso i temi etico e/o morali sollevano questioni, invitano a riflettere, a prendere parte o no alla riflessione, condividerla e magari farla propria o no, nessuna pretesa solo considerazioni, una pausa, credo doverosa, per chi ama e fa fotografia. Saluti.