Fotocamere Full Frame o APS-C ?

Articolo a cura del Centro Studi Progresso Fotografico

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La nitidezza degli obiettivi, i test MTF, la risoluzione dei sensori, gli effetti del rumore, i pro e contro le fotocamere Full Frame e APS-C, il ruolo del fotografo. Sono tutte questioni che si danno per scontate, ma qual è la spiegazione scientifica?

01-Formati sensori

I sensori Full Frame hanno le stesse dimensioni della pellicola fotografica 24×36 mm. I sensori APS sono più piccoli, misurano circa 16×24 mm, con leggere varianti a seconda dei produttori.

 

Una scelta che prima o poi quasi tutti i fotoamatori si trovano a dover fare è quella se acquistare una costosa fotocamera Full Frame o una più economica APS-C.

Se confrontiamo le dimensioni dei due sensori, il primo ha esattamente le dimensioni della pellicola, 24×36 mm, mentre il secondo misura circa 16×24 mm, con leggere varianti a seconda dei produttori: le Nikon DX ad esempio utilizzano un formato 15,7×23,6 mm, le Canon un formato leggermente più piccolo.

I professionisti per lo più scelgono le reflex Full Frame e lo fanno sia perché queste fotocamere vengono solitamente costruite in modo più robusto, sia perché le immagini prodotte con sensori di grandi dimensioni sono più nitide.

Questa non è certo una scoperta recente ed infatti anche con le fotocamere a pellicola i professionisti hanno sempre privilegiato i formati più grandi, come le Hasselblad 6×6 cm o addirittura i banchi ottici da 13×18 cm, o superiori.

Vediamo quindi i motivi che rendono le fotocamere Full Frame qualitativamente superiori alle APS-C.

Perché è importante la nitidezza

Prima di spiegare la relazione tra la nitidezza ed il formato del sensore, è utile fermarsi un attimo a riflettere sui motivi che rendono tanto importante la nitidezza in fotografia.

Diciamo che un’immagine è più nitida di un’altra quando contiene un maggior numero di dettagli e quando questi dettagli sono sufficientemente contrastati da poter essere facilmente osservati. L’importanza della nitidezza è dunque ovvia quando la fotografia viene utilizzata per documentazione, cioè per riprodurre nel modo più fedele possibile la realtà che ci circonda.

La nitidezza è però importante anche quando utilizziamo la fotografia per trasmettere emozioni (foto ricordo o artistiche); le emozioni non dipendono infatti solo dal soggetto, la sua espressione o i suoi movimenti, ma anche dal modo in cui il fotografo lo interpreta tramite la scelta del punto di ripresa e dell’inquadratura. Anche la nitidezza rientra nel “modo” con cui il fotografo guarda il soggetto, perché ci dice con quanta attenzione il fotografo sta guardando il soggetto od una parte di esso.

La nitidezza e la fisiologia dell’occhio

2 - occhio

L’occhio produce sulla retina un’immagine con un angolo di campo molto grande, ma solo una piccolissima parte centrale è ben dettagliata e nitida, quella relativa alla fovea.

 

Il legame tra nitidezza e attenzione deriva dalla fisiologia dell’occhio. L’occhio produce sulla retina un’immagine con un angolo di campo molto grande, ma solo una piccolissima parte centrale è dettagliata, nitida, ed è quella relativa alla fovea dove c’è una grande concentrazione di coni e bastoncelli, cioè gli elementi sensibili alla luce.

Questo vuol dire che vediamo nitido solo ciò su cui puntiamo gli occhi, ovvero quello che vogliamo guardare. Nitidezza è quindi sinonimo di attenzione.

Maggiore è la nitidezza, maggiore è l’attenzione che diamo al contenuto di un’immagine.

Da cosa dipende la nitidezza?

Abbiamo già accennato che una immagine è nitida quando contiene un elevato numero di dettagli facilmente visibili dall’osservatore, e quindi ben contrastati.

Alla nitidezza dell’immagine contribuiscono diversi elementi , dei quali i principali sono almeno quattro: soggetto, obiettivo, fotocamera, fotografo.

Il soggetto è il punto di partenza. Se il soggetto presenta dettagli poco contrastati, tali appariranno anche nell’immagine finale. Un attento uso delle luci, naturali o artificiali, capace di esaltare il contrasto dei dettagli, influirà in modo determinante sul risultato.

L’obiettivo è il secondo elemento della catena, spesso quello a cui si attribuiscono i meriti o le colpe di un’immagine poco nitida; sicuramente è parte in causa, ma non sempre è l’unico responsabile.

Abbiamo poi la fotocamera, o meglio il sensore, del quale più avanti esamineremo l’influenza sulla nitidezza finale dell’immagine.

Infine abbiamo il fotografo, che può contribuire in positivo o negativo alla nitidezza nel momento in cui sceglie l’apertura del diaframma, il tempo di posa e la messa a fuoco, oltre che col modo, più o meno corretto, di impugnare la fotocamera.

Come misurare la nitidezza

mtf

Per misurare l’MTF di un sistema ottico si può usare una mira con una serie di linee bianche e nere sempre più sottili e ravvicinate (ovvero con una frequenza spaziale crescente) e vedere con quale contrasto il sistema ottico la riproduce. La curva MTF ci dice con che contrasto (modulazione) viene riprodotta ogni frequenza spaziale.

In particolare alla frequenza spaziale indicata in rosso il contrasto è talmente basso che non è più possibile distinguere due linee. Questo è il limite di risoluzione dell’obiettivo.

 

Se vogliamo parlare di nitidezza in modo scientifico dobbiamo innanzi tutto avere un modo per misurarla. Il metodo ormai universalmente adottato è la misura dell’MTF (Modulation Transfer Function) ovvero della Funzione di Trasferimento di Modulazione, che ci dice con che contrasto un sistema ottico trasferisce un dettaglio del soggetto all’immagine.

Per misurarla si può prendere una mira con una serie di linee bianche e nere sempre più sottili e ravvicinate (ovvero con una frequenza spaziale crescente) e vedere con quale contrasto il sistema ottico la riproduce.

Come si può vedere nell’immagine che riporta l’MTF di un obiettivo, la capacità di trasmettere il contrasto diminuisce all’aumentare della frequenza spaziale, ovvero quanto più le linee bianche e nere del soggetto diventano fitte, fino al punto in cui il contrasto è talmente basso che non è più possibile distinguere due linee. Questo è il limite di risoluzione dell’obiettivo.

La gamma di frequenze utili per l’occhio

4 - capacità dell'occhio

Su una stampa osservata da 35cm di distanza l’occhio riesce a distinguere al meglio il contrasto per dettagli di una linea/mm; la capacità di percepire contrasto si abbassa progressivamente sia per frequenze spaziali più basse (dettagli più grandi) che per frequenze spaziali più alte (dettagli più piccoli)

 

Per misurare la nitidezza con una curva MTF in modo utile non possiamo però basarci sul limite di risoluzione, ovvero il più piccolo dettaglio che l’obiettivo può riprodurre, ma dobbiamo esaminare come vengono riprodotti i dettagli che il nostro occhio può vedere.

Su una stampa osservata alla distanza di 35cm l’occhio riesce a distinguere al meglio il contrasto di una linea/mm; la capacità di percepire il contrasto si abbassa progressivamente sia per frequenze spaziali più basse (dettagli più grandi) che per frequenze spaziali più alte (dettagli più piccoli); la capacità dell’occhio diminuisce anche all’aumentare della distanza di osservazione.

Per misurare la nitidezza è inutile sapere se il nostro sistema ottico può riprodurre sulla stampa 10 linee/mm o 20 linee/mm; all’occhio infatti interessa solo con che contrasto vengono riprodotti sulla stampa (osservata da 35 cm) i dettagli da 0,5 a 2 linee/mm: questa è dunque la gamma di frequenze utili per valutare la nitidezza.

La gamma di frequenze utili per la fotocamera

Per ottenere la gamma di frequenze spaziali utili sul piano del sensore dobbiamo calcolare di quanto viene ingrandita l’immagine che l’obiettivo proietta sul sensore, per ottenere la stampa desiderata.

Più il sensore è piccolo, maggiore è l’ingrandimento che dovremo applicare, e di conseguenza maggiori saranno le frequenze spaziali che dovremo considerare nella nostra gamma di frequenze utili.

Ad esempio se osserviamo da 35 cm una stampa A3 (297 x 420 mm), se il nostro sensore è Full Frame (24 x 36 mm) dovremo fare un ingrandimento di circa 12x e la gamma di frequenze utili sarà da 6 a 24 linee/mm.

Se invece in nostro sensore è un APS-C dovremo ingrandire di 18x e la gamma di frequenze diventerà da 9 a 36 linee/mm.

L’obiettivo viene penalizzato dai formati più piccoli

mtf

Per misurare la nitidezza utilizzando una curva MTF consideriamo le frequenze che servono a produrre su una stampa, osservata da 35 cm, le frequenze che vanno da 0,5 a 2 linee/mm.

Se utilizziamo un sensore Full Frame la gamma di frequenze utili sarà da 6 a 24 linee/mm; se utilizziamo un sensore APS-C la gamma di frequenze utili sarà da 9 a 36 linee/mm.

Dunque a parità di MTF il sensore Full Frame consentirà una nitidezza superiore, dato che nella sua gamma di frequenze utili la curva MTF è più alta.

 

Abbiamo visto che aumentando l’ingrandimento aumenta anche la gamma delle frequenze, e di conseguenza si abbassano la curva MTF e la nitidezza.

A contrastare questa perdita di qualità dei formati più piccoli interviene il fatto che tutti gli obiettivi funzionano solitamente meglio al centro rispetto ai bordi. La riduzione del formato dunque, dato che esclude le parti periferiche dell’immagine, teoricamente dovrebbe portare un miglioramento, soprattutto nei grandangolari che di solito mostrano un’ampia differenza di prestazioni tra centro e bordi.

Nella pratica non è così, in quanto tra i due effetti contrapposti prevale la perdita di nitidezza a causa dell’aumento delle frequenze spaziali utili.

Il ruolo della fotocamera

Dunque una diminuzione delle dimensioni del sensore provoca sempre una diminuzione nelle prestazioni di un obiettivo.

Ovviamente è possibile progettare gli obiettivi in modo da ottimizzarne le prestazioni per il formato ridotto APS-C, aumentando il più possibile la loro MTF, ed infatti vi sono in commercio ottiche di altissima qualità che riescono a fornire una resa elevata anche sul formato ridotto, equivalente a quella che è possibile ottenere con i sistemi Full Frame. Tuttavia il loro costo di produzione è superiore a quello degli obiettivi progettati per fornire un’analoga qualità sul formato Full Frame.

Ma le responsabilità della fotocamera non si fermano qui. Ci sono almeno altri due aspetti da considerare: il rumore ed il numero di pixel.

Il rumore

6 - rumore

Le fotocamere Full Frame hanno un rapporto segnale/rumore più elevato rispetto alle fotocamere APS-C, e quindi una migliore qualità delle immagini.

 

Il rumore è presente in qualsiasi immagine digitale e si presenta come una sorta di “grana” particolarmente visibile sulle superfici uniformi; la grana influisce sulla leggibilità dei dettagli dell’immagine, per cui il rumore ha una diretta influenza anche sulla nitidezza.

La valutazione dell’intensità del rumore si effettua solitamente in base al rapporto tra il segnale fornito dal sensore ed il rumore presente; più alto è il rapporto segnale/rumore, migliore è la qualità dell’immagine.

Una delle fonti principali di rumore è lo shot-noise che è indipendente dalla qualità delle fotocamere, essendo legato alle fluttuazioni quantistiche dell’intensità della luce.

Questo tipo di rumore dipende fortemente dalla quantità di luce catturata dal sensore e pertanto, a parità di intensità di luce, i sensori più grandi presenteranno un rapporto segnale/rumore più elevato.

Le fotocamere Full Frame produrranno dunque minor rumore, da cui una migliore qualità delle immagini rispetto alle fotocamere APS-C.

Il numero di pixel

E’ opinione comune che la nitidezza, intesa come capacità di riprodurre dettagli, aumenti col numero di pixel del sensore. Diciamo subito che l’affermazione è corretta, ma solo per le fotocamere dotate di filtro anti-aliasing. Vediamo perché.

Consideriamo ancora il risultato che vogliamo ottenere, la nostra stampa A3 osservata da 35 cm di distanza: la gamma di frequenze spaziali di interesse su un sensore Full Frame va da 6 a 24 linee/mm. Una fotocamera da 8 Mpixel (priva di filtro anti-aliasing) è perfettamente in grado di generare tutte le frequenze spaziali che ci interessano. E’ inutile quindi utilizzare una fotocamera (priva di filtro anti-aliasing) dotata di un numero di pixel superiore in quanto non potremmo vedere frequenze spaziali superiori per l’incapacità del nostro occhio.

Se dunque aumentiamo il numero di pixel del sensore non riusciamo ad aumentare la nitidezza dell’immagine. Le cose cambiano però utilizzando fotocamere dotate di filtro anti-aliasing.

Filtro anti-aliasing e nitidezza

7 - antialiasing

L’immagine mostra come un singolo punto luminoso venga moltiplicato da un filtro anti-aliasing, per ridurre la nitidezza del soggetto.

 

Quando avviene il campionamento dell’immagine per ottenere il file digitale il rischio è la formazione di artefatti, ovvero di dettagli inesistenti nella realtà.

Per la teoria matematica del campionamento occorre che la spaziatura dei punti in cui leggo un’immagine sia la metà di quella dei dettagli più piccoli presenti nell’immagine; in caso contrario possono appunto apparire gli artefatti.

Ricordo a proposito che nel corso delle prove di una delle prime reflex Canon professionali, priva di filtro anti-aliasing, i capelli rossi di una modella in controluce si erano trasformati in orribili linee a bande rosse e nere. Molto comune è poi l’insorgere dell’effetto moirè con soggetti come tessuti o griglie.

E’ questo il motivo che ha portato i produttori a “bloccare” con un filtro i dettagli più sottili del soggetto, cioè ad abbassare la nitidezza: è il filtro anti-aliasing, realizzato con due strati di materiale birifrangente come il niobato di litio.

Sarebbe bello che questi filtri eliminassero semplicemente i dettagli di frequenza spaziale superiore alla metà di quella del sensore (frequenza di taglio), ma purtroppo non è così ed anche i dettagli con frequenze più basse, utili per le immagini stampate in dimensioni più piccole, vengono penalizzati quanto più si avvicinano alla frequenza di taglio, e risultano quindi meno nitidi.

Dunque quanto più alta è la frequenza di taglio del filtro tanto minore è l’effetto sulle frequenze più basse.

Dato che i sensori dotati di un maggior numero di pixel possono montare filtri con frequenza spaziale di taglio più elevata, questo è il motivo per cui riproducono meglio anche le frequenze spaziali più basse e si conferma che la nitidezza, aumenta col numero di pixel del sensore.

La profondità di campo

Un vantaggio che offrono le fotocamere Full Frame è un controllo sulla profondità di campo maggiore rispetto a quelle dotate di sensori di dimensione inferiore.

Infatti, a parità d’inquadratura e di apertura del diaframma, la profondità di campo di una fotocamera Full Frame è inferiore a quella di una APS-C di circa uno stop.

Ne consegue che con una fotocamera Full Frame il fotografo ha maggiori possibilità di sfruttare la sfocatura dello sfondo per dare risalto al soggetto, e quindi aumentano gli strumenti espressivi a sua disposizione.

Gli svantaggi dei sensori Full Frame

Allora conviene sempre scegliere una fotocamera Full Frame? No, ci sono degli aspetti da sottolineare che vanno a vantaggio dei formati più piccoli.

Le fotocamere Full Frame necessitano di un otturatore che per avere le stesse prestazioni di quello di una APS-C deve azionare le tendine ad una velocità superiore: è maggiore infatti il percorso che devono percorrere nello stesso tempo. Inoltre le tendine sono più grandi e quindi dotate di una massa superiore, per cui aumenta il loro momento di inerzia e quindi le vibrazioni generate dal loro arresto ed il rumore audio.

Anche lo specchio reflex è più grande e con una massa maggiore, per cui il suo movimento genera maggiori vibrazioni e rumore audio. E’ il motivo per cui con queste fotocamere si suggerisce di scegliere un treppiede più robusto di quelli utilizzati con le fotocamere APS-C.

E’ evidente la complessità meccanica di una Full Frame per cui è più costoso realizzare sistemi capaci di un’alta velocità di raffica.

Inoltre le Full Frame non possono offrire quello che è un vantaggio/svantaggio delle APS-C: infatti con queste fotocamere gli obiettivi si comportano come se avessero una focale più lunga rispetto al formato Full Frame. Ne consegue che a parità di angolo di campo, i teleobiettivi APS-C possono essere molto più compatti.

Infine non si può trascurare l’aspetto economico: il costo di un sensore Full Frame è circa 20 volte superiore a quello di un sensore APS-C, sia per la sua maggiore superficie (su un wafer di silicio è possibile collocare un numero di dispositivi decisamente inferiore), ma soprattutto perché aumenta notevolmente il rischio di difetti di fabbricazione, e quindi di scarti.

Il fotografo

Come accennato, anche il fotografo influisce in modo determinante sulla nitidezza delle immagini, pertanto conviene che conosca i limiti delle sue attrezzature per utilizzarle nel modo migliore.

Innanzitutto è importante conoscere le prestazioni del proprio obiettivo e in questo i Test MTF che pubblichiamo permettono di sapere quali sono i diaframmi di lavoro migliori; ad esempio, si capisce se l’obiettivo può lavorare a tutta apertura con risultati analoghi a f/5.6, come è il caso di alcuni obiettivi professionali, o se conviene privilegiare i diaframmi un po’ più chiusi.

Occorre considerare poi che, indipendentemente dal singolo obiettivo, i diaframmi più chiusi, ad esempio f/16 ed f/22, forniscono sempre immagini meno nitide a causa della diffrazione e che spesso i grandangolari, a tutta apertura, mostrano una scarsa nitidezza ai bordi.

Da scegliere con attenzione è anche il tempo di posa, perché il micro mosso riduce la nitidezza dell’immagine, così come la messa a fuoco; ricordiamo a questo proposito che il sistema autofocus va saputo utilizzare al meglio dato che in luci troppo basse si blocca, oppure abilita ugualmente lo scatto con risultati da dimenticare.

Anche la stabilità della ripresa è importante ed è il motivo per cui deludono tante foto scattate tenendo la compatta o lo smartphone a braccia tese davanti a sé per inquadrare; il fotografo deve conoscere tutti i trucchi per garantirsi la maggiore stabilità possibile.

La fotocamera più adatta

Si capisce quindi che non esiste la fotocamera perfetta per tutti i fotografi e per qualsiasi genere fotografico, ma è possibile scegliere la fotocamera che meglio si adatta alle esigenze di ogni fotografo.

La scelta di una reflex Full Frame non è dunque un passaggio obbligato, ma una possibilità.

Sergio Namias

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